Cara, bianca... di KnutsSkujenieks
Se s'incontrano due vecchine lettoni si può ancora oggi udire come l'una si rivolga all'altra: “Salve, cara, bianca, come stai?''
Il colore bianco è caro, puro e sacro, in particolare per coloro che nei giorni adulti hanno lavorato laterranera. Bianca è la vita, e la morte è bianca; nell'antichità per i Lettoni bianco era anche il colore dello zolfo.
Per quanto trasferiti in città, noi siamo tuttavia ancora un popolo di contadini. Un poeta cresciuto sull'asfalto, un ingegnere elettronico, un diplomatico; tutti scrutano il cielo, fanno previsioni sul tempo e giudicano il raccolto del grano. La nostra piccola terra è qui, tutt'intorno. Soltanto guerre cruente o un pericolo mortale possono costringere un Lettone ad abbandonare il luogo natale. Egli non parte a cercar fortuna. La sua bianca felicitàèqui. Altrove nel mondo egli può essere persona d'alta istruzione, artigiano stimato per il suo mestiere, ma sempre in sogno vedrà bianchi ciliegi selvatici e meli fioriti, una tazza di latte bianco e alla fine d'una vita irrealizzata la sabbia d'un bianco sepolcro.
I Lettoni si distinguono fra i popoli loro vicini. Se presso altre genti la mugnaia che lavora alla macina della farina maledice il suo duro mestiere manuale, quella lettone, invece, è orgogliosa dei suoi canti, poiché le divinità degli avi e particolarmente Laima, la dea del destino, l'aiutano a macinare – solo se sono affettuosamente salutate e se trovano il molino ben custodito e pulito, naturalmente. Di ciò ha sempre cantato quella gente priva didiritti e ridotta in schiavitù.
Quotidianità delle feste e festosità del quotidiano:ecco la profonda e immutabile caratteristica del contadino lettone, una religione che non solleva l'uomo aldilà della vita, ma dona a questa vita particolare luce e colore. Soprattutto il bianco. Non pochi ci hanno considerato i pagani del ventesimo secolo, poiché il credo cristiano qui non ha messo radici troppo salde. Piùancora che dall'Inferno e dal Paradiso,l’immaginario della gente è dominato dall’idea che le anime dei trapassati, dove si continua il lavoro del contadino, soltanto in maniera più lieve, bella e fruttuosa.
Forse da ciòderiva quel culto dei cimiteri per il quale i Lettoni sono famosi nel mondo. La vita moderna li costringe a correre affannati qua e là, mossi da preoccupazioni e da interessi; solo in occasione delle ricorrenze, anche di quelle luttuose, è possibile riacquistare una consapevolezza più profonda della propria vita e della propria storia. I cimiteri della Lettonia sono come giardini nei quali c'è una piccola pietra, ma tanto verde, fiori e pace compiuta.
E proprio la pace è spesso mancata al popolo lettone. L'idilliaco angolo di terra presso il mar Baltico è pieno di ossa, di maledizioni e di lacrime. Quanta storia si può vedere rivolgendosiindietro! Questa terra fu conquistata e spartita;i suoi contadini furono ridotti in schiavitù, messi l'uno contro l'altro, scacciati o deportati in paesi stranieri. Tuttavia, dopo ogni guerra o pestilenza, il popolo è sempre ritornatoa riempire la terra vuota.
In qualche punto dell’animo lettone, molto in profondità, radicata quasi nell’istinto, c’è l’idea della vita eterna, un’idea che si ridesta in modo particolare all'epoca dei solstizi d'inverno e d'estate:aNatale (in lettone ancora oggi si diceZiemassvetki, cioè “feste d'inverno”) e per San Giovanni. Allora il nascere e il morire sono contemporanei. Come in un grano di segale che si apree germoglia. Per tutte queste ragioni l'uomo lettone si pone coscienziosamente, con rispetto e ottimismo, di fronte alla propria esistenza. Si capisce, quando gli si permetta di viverla con dignità).
I Lettoni hanno dovuto lottare molto e a combattere si sono abituati: di ciò testimonia tutta la loro storia, sia antica che recente. Tuttavia non c'è un solo canto popolare lettone che lodi la guerra. Anche il cuore dell'eroe ha nostalgia di pace e di bianco, almeno di morte.
Oggi è stato restaurato lo Stato lettone, proprio come dopo l'ultima guerra. La natura è danneggiata, l'economia annientata, il popolo smarrito e confuso, e il nuovo stato vive ancora all'ombra della spada.
Mala bianchezza nei cuori della gente non è morta. Essa vive come tradizione, come ideale, come un modello d'esistenzabello e giusto, come una speranzache germoglia fra le difficoltà della vita.
E noi potremo dire di nuovo alla nostra Lettonia, come a nostra madre: cara, bianca!
Tratto dal libro “Repubbliche Baltiche” di Pietro U. Dini, ClupGuide